sabato 11 gennaio 2014

LA PRIMA NEVE: INTERVISTA AD ANDREA SEGRE

II B - Eugenio Maderna intervista per noi  Andrea Segre





                                                Un'immagine del film "La prima neve" (2013)
Il trailer

Un film sull'integrazione  presentato alla 70a mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia



1) Com'è nata l'idea del film?
Questo progetto nasce dopo aver conosciuto persone che si sono trovate nella situazione di Dani; e cioè che hanno lasciato grandi città africane, anche molto vivaci, per trovarsi in piccole comunità come nel caso del mio protagonista. Volevo poi raccontare il rapporto tra padre e figlio (io sono padre, e sono un figlio senza più un padre) e il rapporto tra i bambini e la natura, il bosco.

2) Perché l'ambientazione è proprio la Valle dei Mocheni?
Poiché volevo appunto raccontare il rapporto tra i bambini e la natura, ho cercato una valle dove ci fossero ancora dei bambini capaci di giocare con il bosco, come fa Michele che si immerge e si tuffa letteralmente tra gli alberi.

3) Quanto consideri importante l'aspetto documentaristico?
Io non ho frequentato nessuna scuola di cinema, sono entrato in questo mondo dopo aver girato dei documentari, ho imparato ad osservare  e ad ascoltare la realtà in questo modo. Questo atteggiamento, questo sguardo cerco di mantenerlo anche quando giro, come in questo caso, un film di fiction.

4) Perché hai scelto due protagonisti così diversi: un adulto di colore che viene da una grande città dell'Africa e un ragazzino biondissimo che vive sperduto tra le montagne, accomunati dalla morte di una persona amata?
Perché impari a conoscere te stesso attraverso le persone che sono diverse da te.

5) Sono due storie vere che hai unito? Una sola storia è vera?  Oppure sono entrambe di fantasia?
Sono frammenti di storie vere che ho unito. La storia di Dani è una storia che purtroppo è successa a tante persone, non solo a lui. Quello che accade a Michele è successo a tanti bambini. Matteo, così si chiama il bambino che interpreta Michele, è veramente un bambino che vive in quella valle e che gioca in quei boschi, quella che usa nel film è la sua moto, e quella che suona è la sua fisarmonica, ma non è orfano di padre. Dani è un attore francese di origine africana ma i suoi amici sono tutti ragazzi africani che davvero sono arrivati affrontando quel viaggio anche se nessuno di loro ha perso la moglie, conoscono però persone a cui è successo, anche perché sono moltissime le donne incinte che affrontano quel viaggio.

6) Il bosco: è un personaggio anche lui?
Grazie di questa domanda! Mi dai l'occasione di dire che assolutamente sì, il bosco, la natura, le montagne sono dei personaggi del film. Dobbiamo ascoltare il mondo; anche la natura, la geografia, i luoghi fisici hanno delle parole che bisogna imparare ad ascoltare. Il bosco in particolare è un personaggio che accoglie l'incontro tra Dani e Michele; è un luogo della natura grande ma nello stesso tempo intimo che ci permette di stare soli con noi stessi.


7) Il nonno: che ruolo ha nella vita dei due protagonisti?
Il nonno è l'altro padre, è il padre che ha perso il figlio.
Dani è il padre che non riesce ad essere padre, Michele è il figlio che non ha più il padre, il nonno è l'altra figura di padre; perdere il figlio, soprattutto se si è vecchi, è innaturale ed è una cosa difficilissima da accettare, almeno quanto perdere il padre quando si è molto piccoli. Il nonno è un uomo di montagna silenzioso che non parla dei suoi sentimenti ma si capisce tutto attraverso il suo sguardo. Inoltre ha anche il ruolo di portare con sé le tradizioni del luogo, quelle vecchie tradizioni che nella modernità di oggi fanno fatica a sopravvivere, forse è anche giusto che non debbano continuare così come sono, però perderle del tutto sarebbe un problema.

8) Hai lasciato un finale aperto (io l'ho inteso così) perché non è importante sapere cosa succede dopo o perché hai voluto lasciare al pubblico la possibilità di immaginare?
E' un finale assolutamente aperto, Dani di fronte alla domanda di Michele non può rispondere altro che sì. Michele non sa che Dani sta per abbandonare la figlia, porta questo nuovo “papà” di fronte alla tomba del padre perché è una cosa necessaria a lui, al suo percorso di elaborazione della perdita. Quello che accadrà dopo io non lo so. Ho un'idea molto chiara del cinema e cioè che è una cosa molto più piccola del mondo, penso che il cinema possa stare al servizio del mondo prendendone alcuni frammenti e trasformandoli in storie che ci possono aiutare a riflettere su tutto il resto. Per cui non pretendo che il mio film dia risposte su tutto, preferisco lasciare dei dubbi e delle domande che non dare delle risposte.


9) Gli extracomunitari sono più accettati nelle grandi città o nelle piccole comunità?
Non credo che si possa affrontare così la questione, credo che l'integrazione avvenga quando le persone possono assumere un ruolo a prescindere dalla loro identità etnica.
E' così anche nel mio film, non c'è tensione per la provenienza etnica di Dani, lui è lì perché deve aggiustare le arnie con il nonno. L'integrazione in Italia avviene dove le persone si inseriscono nei tessuti familiari, comunitari o anche imprenditoriali avendo un ruolo molto chiaro. Questo l'ho riscontrato sia in grandi città che in piccoli paesi e credo che avvenga molto più spesso di quanto si pensi. In fondo l'Italia ha integrato nel giro di circa dieci anni cinque milioni di stranieri, e lo abbiamo fatto non grazie a grandi progetti sull'integrazione sociale ma grazie all'integrazione quotidiana tra le famiglie.

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