Un'immagine del film "La prima neve" (2013)
Il trailer
Un film sull'integrazione presentato alla 70a mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
1) Com'è nata l'idea del film?
Questo progetto nasce dopo aver
conosciuto persone che si sono trovate nella situazione di Dani; e cioè che
hanno lasciato grandi città africane, anche molto vivaci, per trovarsi in
piccole comunità come nel caso del mio protagonista. Volevo poi raccontare il
rapporto tra padre e figlio (io sono padre, e sono un figlio senza più un
padre) e il rapporto tra i bambini e la natura, il bosco.
2) Perché l'ambientazione è proprio
la Valle dei Mocheni?
Poiché volevo appunto raccontare il rapporto tra i bambini
e la natura, ho cercato una valle dove ci fossero ancora dei bambini capaci di
giocare con il bosco, come fa Michele che si immerge e si tuffa letteralmente
tra gli alberi.
3) Quanto consideri importante
l'aspetto documentaristico?
Io non ho frequentato nessuna scuola
di cinema, sono entrato in questo mondo dopo aver girato dei documentari, ho
imparato ad osservare e ad ascoltare la
realtà in questo modo. Questo atteggiamento, questo sguardo cerco di mantenerlo
anche quando giro, come in questo caso, un film di fiction.
4) Perché hai scelto due protagonisti
così diversi: un adulto di colore che viene da una grande città dell'Africa e
un ragazzino biondissimo che vive sperduto tra le montagne, accomunati dalla
morte di una persona amata?
Perché impari a conoscere te stesso
attraverso le persone che sono diverse da te.
5) Sono due storie vere che hai
unito? Una sola storia è vera? Oppure
sono entrambe di fantasia?
Sono frammenti di storie vere che ho
unito. La storia di Dani è una storia che purtroppo è successa a tante persone,
non solo a lui. Quello che accade a Michele è successo a tanti bambini. Matteo,
così si chiama il bambino che interpreta Michele, è veramente un bambino che
vive in quella valle e che gioca in quei boschi, quella che usa nel film è la
sua moto, e quella che suona è la sua fisarmonica, ma non è orfano di padre.
Dani è un attore francese di origine africana ma i suoi amici sono tutti
ragazzi africani che davvero sono arrivati affrontando quel viaggio anche se
nessuno di loro ha perso la moglie, conoscono però persone a cui è successo,
anche perché sono moltissime le donne incinte che affrontano quel viaggio.
6) Il bosco: è un personaggio anche
lui?
Grazie di questa domanda!
Mi dai l'occasione di dire che assolutamente sì, il bosco, la natura, le montagne sono dei personaggi
del film. Dobbiamo ascoltare il mondo; anche la natura, la geografia, i luoghi
fisici hanno delle parole che bisogna imparare ad ascoltare. Il bosco in
particolare è un personaggio che accoglie l'incontro tra Dani e Michele; è un luogo della natura grande ma nello stesso tempo
intimo che ci permette di stare soli con noi stessi.
7) Il nonno: che ruolo ha nella vita
dei due protagonisti?
Il nonno è l'altro padre,
è il padre che ha perso il figlio.
Dani è il padre che non
riesce ad essere padre, Michele è il figlio che non ha più il padre, il nonno è
l'altra figura di padre; perdere il figlio, soprattutto se si è vecchi, è
innaturale ed è una cosa difficilissima da accettare, almeno quanto perdere il
padre quando si è molto piccoli. Il nonno è un uomo di montagna silenzioso che
non parla dei suoi sentimenti ma si capisce tutto attraverso il suo sguardo.
Inoltre ha anche il ruolo di portare con sé le tradizioni del luogo, quelle
vecchie tradizioni che nella modernità di oggi fanno fatica a sopravvivere,
forse è anche giusto che non debbano continuare così come sono, però perderle
del tutto sarebbe un problema.
8) Hai lasciato un finale aperto (io l'ho inteso
così) perché non è importante sapere cosa succede dopo o perché hai voluto
lasciare al pubblico la possibilità di immaginare?
E' un finale assolutamente aperto,
Dani di fronte alla domanda di Michele non può rispondere altro che sì. Michele
non sa che Dani sta per abbandonare la figlia, porta questo nuovo “papà” di
fronte alla tomba del padre perché è una cosa necessaria a lui, al suo percorso
di elaborazione della perdita. Quello che accadrà dopo io non lo so. Ho un'idea molto chiara del cinema e cioè che è
una cosa molto più piccola del mondo, penso che il cinema possa stare al
servizio del mondo prendendone alcuni frammenti e trasformandoli in storie che
ci possono aiutare a riflettere su tutto il resto. Per cui non pretendo che il
mio film dia risposte su tutto, preferisco lasciare dei dubbi e delle domande
che non dare delle risposte.
9) Gli extracomunitari sono più accettati
nelle grandi città o nelle piccole comunità?
Non credo che si possa affrontare così la questione, credo che
l'integrazione avvenga quando le persone possono assumere un ruolo a
prescindere dalla loro identità etnica.
E' così anche nel mio film, non c'è
tensione per la provenienza etnica di Dani, lui è lì perché deve aggiustare le
arnie con il nonno. L'integrazione in Italia avviene dove le persone si
inseriscono nei tessuti familiari, comunitari o anche imprenditoriali avendo un
ruolo molto chiaro. Questo l'ho riscontrato sia in grandi città che in piccoli paesi
e credo che avvenga molto più spesso di quanto si pensi. In fondo l'Italia ha
integrato nel giro di circa dieci anni cinque milioni di stranieri, e lo
abbiamo fatto non grazie a grandi progetti sull'integrazione sociale ma grazie
all'integrazione quotidiana tra le famiglie.
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