domenica 7 aprile 2013

GITA A GENOVA

16 aprile - I C e I D
partenza ore 7,30
ritorno 19-19,30 
Genova con Panda Trek 

Associazione PANDA TREK  - Via Porpora 14 I-20131 Milano
Tel (+39) 02 20 24 14 04  - Fax (+39) 02 20 40 40 90 

 Sito www.pandatrek.it  - Lun-Ven 9.00-13.00 / 14.00-17.00 

Piazza San Matteo

San Giovanni di Pré



ITINERARIO DI MASSIMA
Piazza Acquaverde

Chiesa Medievale San Giovanni di Prè

Commenda di Prè…pellegrini…tre papi


Vico Santa Brigida
   Via Prè


Via San Siro 2 …Portone pietra scolpita, pietra di sampierdarenaPiazzetta San Siro …Ex cattedrale XIII secolo

Via San Luca 12…
    Vico San Raffaele
    Vico dei Negri…

     Piazza Banchi …Chiesa San Pietro in Banchi… scambio mercanti import-export, chiesa…



Piazza Caricamento…

Sottoripa

 Palazzo San Giorgio

 Via del Molo

Porta Siberia…

   Porto Antico…
Via San Lorenzo

Piazza De Ferrari

Salita San Matteo

 Piazza San Matteo

Via Luccoli

Piazza Soziglia…

Via dei Macelli di Soziglia…

Piazza del Ferro

Via Garibaldi… i Rolli

Via Balbi…teatro e pentole



Il porto antico


Il pesto, una questione di terra, di minerali. E di poesia

                Il basilico è solo quello genovese. E il basilico genovese è quello di Pra' . Non so bene il motivo, il segreto, la formula magica, il mistero. Credo sia una questione di terra dove la piantina cresce. Forse una storia di equilibrio di minerali. Suona come una poesia. La terra di Genova. È diversa da tutte le altre, e quella di Pra' è la migliore. Guardate il colore, accarezzate piano la foglia, annusate il profumo del basilico. Del basilico genovese.
                Nella mia vita ho gestito due ristoranti, uno a Firenze e l' altro a Lampedusa. Sull' isola era il ' 77, sono passati quasi trentacinque anni. A quel tempo non c' era nulla, solo il sole e un mare straordinario: la Lampuga l' abbiamo aperta io e Guidobaldo Grossi, lo scenografo, il designer, l' architetto. Impresa fallimentare. Eravamo troppo avanti, con Guidobaldo, quello era un locale da Costa Azzurra e invece lì il turismo non c' era ancora: adesso sarebbe diverso, ma dopo un anno Guidobaldo è morto in un incidente e io ho lasciato tutto. Il basilico, dicevamo: a Lampedusa mi sono portato delle piantine, le ho trapiantate, sembrava tutto perfetto.
                Ma il giorno dopo avevano già preso il sapore della menta. Perché il basilico prende dappertutto il sapore della menta, tranne a Genova. Tranne a Pra' . In Sicilia ne hanno uno che non è male, lo chiamano basilico greco: che è una vera pianta, non una piantina come le nostre. Però alla fine io mi sono sempre portato dietro quello della mia terra, anche a Firenze. Se vuoi fare il pesto, ci vuole quel basilico. Che poi, oggi lo chiami pesto ma forse dovresti dire: frullato. Perché il pesto vero è quello del mortaio, schiacciato col pesto. Con un trionfo di oli essenziali, con un colore verde intenso che alla fine te ne basta un cucchiaio per condire, mentre con il "frullato" ce ne vogliono tre. Basilico crudo. Sempre. Nel pesto, in un piatto di trenette al pomodoro. Oppure in insalata con qualche pomodoro. Però ci vuole l' olio, quello vero. Certa gente spende venticinque euro d' olio per il motore della macchina, poi a tavola mette una bottiglia comprata al supermercato con qualche spicciolo. Io ho vissuto tanto, abbastanza per aver conosciuto prima la fame poi migliori ristoranti.
                Abbastanza per aver imparato che il cibo merita rispetto: è cultura, è storia. La storia della tua gente. Mio padre e mio nonno facevano l' olio. Quando il loro podere è passato a me, mi sono detto che la cosa migliore che potevo fare era continuare nella nostra storia. E così con mio figlio Niccolò ci siamo messi a fare l' olio, a produrre. In questi casi hai solo due possibilità: decidi di guadagnare, o di fare le cose nella maniera migliore. Noi ci stiamo provando a fare un olio come si deve: passano non più di due ore dalla raccolta alla spremitura. Ha corpo, pizzica e alla fine ti lascia quel gusto vero un po' amarognolo. L' Olio dei Paoli: stiamo iniziando a commercializzarlo, ce l' hanno a Eataly. Si vedrà. Intanto mi faccio il pesto da me. Il basilico ce l' ho nell' orto di casa, una collina alle spalle di Nervi. Anche d' inverno ne coltivo una qualità diversa che non è male. È basilico genovese. È una questione di terra, di minerali. Forse di poesia.

GINO PAOLI

Scuola genovese dei cantautori

Con il nome di scuola genovese dei cantautori si intendono quei cantautori genovesi molto influenzati da Charles Aznavour, Jacques Brel, George Brassens, Bob Dylan, Leonard Cohen. Gran parte di questi cantautori hanno avuto molto successo negli anni '60, per alcuni il successo è proseguito. Di solito si inseriscono nella scuola genovese dei cantautori:
     Inoltre subirono influenze dalla scuola genovese dei cantautori l'ex cantante dei Delirium, Ivano Fossati legato anche da un'amicizia con Fabrizio De André, Max Manfredi, Federico Sirianni, Sergio Alemanno e Francesco Baccini. Legati da un'amicizia verso de André sono il comico Paolo Villaggio e la scrittrice e traduttrice Fernanda Pivano che tradusse per prima in italiano Antologia di Spoon River e i libri degli scrittori della beat generation come Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs e Gregory Corso.
     Con Scuola genovese dei cantautori viene convenzionalmente indicato quell'insieme di cantautori genovesi venutosi a formare negli anni sessanta, quando esperienze diverse tanto in campo poetico quanto musicale vennero a incrociarsi nel capoluogo ligure, storico crocevia di culture. L'influenza stilistica della canzone d'oltralpe e il particolare momento storico in cui si sviluppa (le contraddizioni del boom economico, il disagio della disumanizzazione di certi valori prodotta dal capitalismo, la tensione degli eventi storico-politici in atto a quel tempo e forieri di successivi anni difficili) costituirono le componenti principali della poetica dei cantautori genovesi, prevalentemente animata da un desiderio di anarchia e di libertà.
     Gli esponenti di spicco di questo movimento furono alcuni tra i nomi più rappresentativi della canzone d'autore italiana: Fabrizio De André, Ivano Fossati,Umberto Bindi, Gino Paoli, Bruno Lauzi e Luigi Tenco. Erede di questi è in qualche modo Ivano Fossati, mentre fra gli esponenti della generazione successiva c'è sicuramente Max Manfredi. Molti altri continuano la tradizione, tra questi: Federico Sirianni, Claudia Pastorino, Franco Boggero e Sergio Alemanno e il più noto Francesco Baccini. Alla crescita e al successo della scuola genovese di cantautorato contribuirono fin da subito anche le collaborazioni fra musicisti e autori di testi, come per esempio la collaborazione instaurata, a fine anni sessanta, fra lo stesso De André e l'attore-autore Paolo Villaggio.

Ma se ghe penso
O l'ëa partio sensa ûn-a palanca,
l'ëa zâ trent'anni, forse anche ciû.
O l'aveiva lottou pe mette i dinæ a-a banca
e poèisene ûn giorno vegnî in zû
e fäse a palassinn-a e o giardinetto,
co-o rampicante, co-a cantinn-a e o vin,
a branda attaccâ a-i ærboi, a ûso letto,
pe daghe 'na schenâ séia e mattin.
Ma o figgio o ghe dixeiva: "No ghe pensâ
a Zena cöse ti ghe vêu tornâ?!"

Ma se ghe penso alloa mi veddo o mâ,
veddo i mæ monti e a ciassa da Nonsiâ,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu,
veddo a lanterna, a cava, lazzû o mêu...
Riveddo a séia Zena illûminâ,
veddo là a foxe e sento franze o mâ
e alloa mi penso ancon de ritornâ
a pösâ e osse dov'ò mæ madonnâ.
E l'ëa passou do tempo, forse troppo,
o figgio o l'inscisteiva: "Stemmo ben,
dove ti vêu andâ, papà?.. pensiemo doppo,
o viägio, o mâ, t'é vëgio, no conven!" -
"Oh no, oh no! me sento ancon in gamba,
son stûffo e no ne posso pròprio ciû,
son stanco de sentî señor caramba,
mi vêuggio ritornamene ancon in zû...
Ti t'é nasciûo e t'æ parlou spagnollo,
mi son nasciûo zeneize e... no me mollo!"
Ma se ghe penso alloa mi veddo o mâ,
veddo i mæ monti e a ciassa da Nonsiâ,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu,
veddo a lanterna, a cava, lazzû o mêu...
Riveddo a séia Zena illûminâ,
veddo là a foxe e sento franze o mâ
e alloa mi penso ancon de ritornâ
a pösâ e osse dov'ò mæ madonnâ.

E sensa tante cöse o l'è partïo
e a Zena o gh'à formóu torna o so nïo.

Genova per noi
Con quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi prima di andare a Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte e non torniamo più.

Eppur parenti siamo un po'
di quella gente che c'è lì
che in fondo in fondo è come noi, selvatica,
ma che paura ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte e non sta fermo mai.

Genova per noi
che stiamo in fondo alla campagna
e abbiamo il sole in piazza rare volte
e il resto è pioggia che ci bagna.
Genova, dicevo, è un'idea come un'altra.
Ah, la la la la la la

Ma quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi mentre guardiamo Genova
ed ogni volta l'annusiamo
e circospetti ci muoviamo
un po' randagi ci sentiamo noi.

Macaia, scimmia di luce e di follia,
foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia...
e intanto, nell'ombra dei loro armadi
tengono lini e vecchie lavande
lasciaci tornare ai nostri temporali
Genova ha i giorni tutti uguali.

In un'immobile campagna
con la pioggia che ci bagna
e i gamberoni rossi sono un sogno
e il sole è un lampo giallo al parabrise...

Con quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi che abbiamo visto Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte e non torniamo più.

CREUZA DE MÄ
Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l'àse gh'é restou Diu
u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria

E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
gente de Lûgan facce de mandillä
qui che du luassu preferiscian l'ä
figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiàle senza u gundun

E a 'ste panse veue cose che daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin
çervelle de bae 'nt'u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi **

E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä


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